La progettazione degli interni a Porta Palazzo

PENSARE" CON LE PROPRIE MANI, "FARE" CON I PROPRI PENSIERI (*)

La progettazione degli interni

Porta Palazzo, una vasta area che ha come fulcro Piazza della Repubblica, è oggi un crogiuolo di etnie.

Quartiere popolare, sin dal 1835 ospita il più grande mercato quotidiano di Torino. Gestito in una buona percentuale da cittadini extracomunitari ma anche da una consistente parte di commercianti italiani, esso rappresenta un vero e proprio crocevia di etnie e culture, nonché tappa ormai immancabile di numerosi turisti. Un tale contesto evoca sicuramente concetti come integrazione e coesione che, talvolta inaspettatamente, può declinarsi in modo innovativo e al passo con i tempi.

La progettazione degli interni dell’edificio destinato al Programma Housing della Compagnia di San Paolo è stata curata da Blu Acqua con Galliano Habitat in partnership con il Re(f)use Lab di None e, per la parte tessile, con il Laboratorio Micca di Torino.

Questa sinergia ha permesso di proporre e realizzare un vero e proprio progetto sociale all’interno della commessa, un progetto coordinato ma non uniformato, non standardizzato, moderno nel modo di approcciare l’integrazione delle persone, delle cose, dei sistemi e dei valori in un’ottica di sistema (approccio sistemico).

Le suggestioni che hanno guidato la realizzazione del progetto hanno tratto spunto dal contesto fortemente connotato in cui si trova lo stabile. Dagli elementi più caratteristici del quartiere sono nate le prime idee progettuali che sono poi state declinate in diverse tematiche per la realizzazione degli appartamenti.

Il mercato, protagonista assoluto della piazza e del quartiere, è stato chiaramente uno dei temi sviluppati nel progetto. In seguito si sono via via individuati altri temi da elaborare per dare un senso compiuto e coerente allo studio dei diversi ambiti compresi nella commessa: dai colori delle pareti fino a definire anche il più piccolo dettaglio dei tendaggi, degli accessori, dei complementi e delle stoviglie.

Lo studio di un framework di base ha portato alla personalizzazione degli ambienti con suggestioni legate agli oggetti, alle tradizioni, all’ecologia e al recupero; maniglie, testate dei letti, mensole, tavolini e comodini, sedute, realizzati ad hoc prendendo ispirazione dal quartiere e coinvolgendo l’artigianato locale.

Gli arredi degli appartamenti sono stati progettati seguendo la logica dell’utilizzo più ampio possibile di prodotti locali o comunque made in Italy e, dove possibile, del recupero funzionale di oggetti di arredamento dismessi. Anche quando sono stati utilizzati prodotti standard, si è cercato di reinterpretarne l’utilizzo su una base non convenzionale, come suggerisce la logica del redesign.

Si sono quindi selezionate due tipologie principali di prodotti: elementi standard forniti da aziende con cicli di produzione industriale, ma rigorosamente italiane e oggetti recuperati o progettati e costruiti con materiali di scarto o di produzione locale.

Alcune forniture sono state selezionate sulla base di una garanzia di qualità del materiale proveniente da filiere controllate e certificate e comunque già conosciute: ne sono un esempio i blocchi cucina che devono rispettare alcuni criteri di sicurezza e condizioni d’uso.

Gli oggetti di arredo progettati e prodotti dal Re(f)use Lab sono stati realizzati utilizzando materiali di scarto come campionari e stock di fine serie per i tessuti, vecchi mobili e accessori recuperati e riadattati, oppure ricreando gli oggetti con materiali nuovi ma di provenienza locale, come il legno di castagno della Val Pellice.

 

I presupposti del Re(fu)se Lab

La filosofia del Re(f)use Lab è quella del redesign, ovvero la trasformazione di mobili e oggetti d’arredamento che coniuga l’estetica e la funzionalità del design con la sfida della riabilitazione psicosociale.

L’iniziativa è nata dalla sinergia tra organizzazioni che si occupano di salute mentale e disagio sociale e un imprenditore che ha colto la forte valenza progettuale dell’idea. Nell’arco di poco tempo, il Re(f)use Lab è diventato un laboratorio d’incontro creativo di competenze, idee, potenzialità, manualità, una bottega dove si trasformano mobili e oggetti in pezzi unici secondo una logica ed un’operatività etica ed ecologica; un laboratorio di cura ed educazione alla progettazione, di recupero e sviluppo della creatività e della manualità nell’ambito del design. Un ambito d’eccellenza per la formazione e il tirocinio lavorativo per giovani e persone in difficoltà.

L'obiettivo del laboratorio è il recupero delle cose attraverso il recupero delle persone e viceversa, ma anche di abilità appartenenti alla tradizione rivisitate con le nuove tecnologie.

La sua operatività si sviluppa attraverso tre concetti che rappresentano il cardine della sinergia:

- Revisione dei presupposti della qualità della vita delle persone - Non sempre il “lusso” è sinonimo di qualità della vita: il modo di vivere contemporaneo, troppo spesso veloce e frenetico, ha trasformato la persona in oggetto di condizionamenti e tendenze allontanandola dal gusto per prodotti ed ambienti vicini ai cicli della natura. Soprattutto in momenti di crisi di valori e certezze come quello attuale, è necessario ricercare i criteri del bello e del funzionale più che quelli suggeriti o imposti dalle mode.

- Valorizzazione delle risorse e delle peculiarità di persone e cose, in contrapposizione all'omologazione e all'appiattimento della nostra società che cataloga la realtà come anonima e indifferenziata e le relazioni con le persone e gli oggetti in termini di uso e consumo.

- Redesign sia come recupero delle risorse materiali, sia come coinvolgimento e riabilitazione delle persone grazie ad un moderno saper fare che consenta lo sviluppo di competenze ed abilità. Ciò si esprime attraverso il lavoro, la creatività e l'interazione tra gli artigiani, i professionisti del design e i pazienti impegnati in percorsi di reinserimento sociale e lavorativo.

Sono questi i temi del design sistemico, attento ai cicli della natura come antitesi alla linearità dei processi industriali e promotore di una prospettiva che trasforma il rifiuto in risorsa.

Il design sistemico, nato grazie al contributo del Prof. Luigi Bistagnino del Politecnico di Torino, sede dell’unico corso di laurea in “Ecodesign”, progetta le relazioni tra i componenti che generano il sistema, valorizza l’identità e le risorse locali e produce sviluppo e benessere per il singolo e la collettività.

Il sapere e la ricerca hanno una volta di più incontrato l’esperienza imprenditoriale di Galliano Habitat, che ha formalizzato da diversi anni una convenzione con il Politecnico per la formazione in stage e diversi studenti hanno partecipato in modo attivo al Laboratorio.

Seguendo questa logica, il Re(f)use Lab si basa sulla cooperazione tra soggetti di tipo diverso e fa quindi in modo che il rifiuto di un processo produttivo o convenzionale (un mobile inutilizzato, un tessuto di fine serie o individui “a margine” della società) diventi la risorsa per un altro, evitando così di sovraccaricare l'ecosistema di oggetti di scarto eventualmente da riciclare e recuperando le peculiarità e le potenzialità delle persone .

Questa accezione della creatività funzionale, della produttività, della vendita e dell’inclusione sociale ben si coniuga con i presupposti del progetto di Housing, in quanto nuova modalità di vivere e condividere spazi e percorsi abitativi.

Il concetto di design che Blu acqua intende promuovere e che il Re(f)use Lab concretizza non si ispira al significato di costoso, raffinato, prezioso, elitario o stravagante. Tutto questo è l'opposto di quello che si proponeva agli albori del disegno industriale. Il design dovrebbe invece essere vicino alla gente e produrre oggetti belli e funzionali, coniugandosi con la sostenibilità.

E la sostenibilità dovrebbe poter incontrare sempre più nuove economie e modi innovativi e non convenzionali di proporre l'arredamento come autentica alternativa ai prodotti “globalizzati” oggi presenti sul mercato.

 

Come funziona il Refuse Lab

Le persone

Gli artigiani del Re(f)use Lab sono persone che, nell’ambito di un percorso di riabilitazione psicosociale, si pongono l’obiettivo di sperimentarsi in un contesto lavorativo reale per imparare manualità e competenze progettuali e creative in una progressione controllata di stimolazioni e compiti di differente difficoltà. La ri-abilitazione quindi si sposta dagli ambiti convenzionali delle strutture per calarsi nella realtà del quotidiano.

Dopo un periodo di formazione variabile, secondo le capacità di partenza, una volta acquisite alcune competenze utili ad un lavoro e spendibili in ambito artigianale, vengono attivati tirocini lavorativi e borse lavoro affiancate ad un tutoraggio di artigiani esperti.

Le personalizzazioni degli arredi proposti per il progetto Social Housing hanno impegnato due gruppi di ragazzi in riabilitazione/formazione, due artigiani e due sarte in borsa lavoro.

La selezione del materiale

Seguendo le linee guida di Galliano Habitat la progettazione di un mobile di design deve essere semplice e razionale. I componenti sono studiati e scelti con estrema attenzione alla funzionalità. Proprio per la loro natura e le loro caratteristiche essi sono riprogettabili e riutilizzabili in futuro. Scomponendo gli arredi e gli oggetti fino ad arrivare alla loro essenza si può iniziare una nuova progettazione creativa, dinamica e rispettosa dell'ambiente. E' in questo modo che il Re(f)use Lab opera: un mobile o un complemento d'arredo da cambiare non viene rottamato o riciclato, ma riaccolto nel ciclo del design e della progettazione virtuosa.

L’uso non convenzionale e progettazione redesign

Nel Re(f)use Lab non si butta via niente. Vengono riutilizzati vecchi complementi di arredo, semilavorati e materie prime. Molti arredi dismessi sono stati recuperati da una cooperativa parrocchiale che sgombera cantine e da rivenditori prossimi alla chiusura. Oggetti recuperati, come vecchie sedie e comodini demodé, sono stati riparati e portati a nuovo realizzando così un vero e proprio redesign.

Altri oggetti considerati di scarto e non più utilizzabili sono stati invece riutilizzati modificando la loro funzione originaria, come ad esempio le vecchie scale a pioli non più a norma appese e utilizzate come porta canovacci, cerchioni di biciclette e persiane rivisitati come testiere per i letti.

Molti semilavorati sono stati ripresi ed estrapolati dal loro contesto usuale creando particolari e innovativi complementi d’arredo come, ad esempio, i tubi idraulici assemblati tra loro per comporre accessori per il bagno.

Anche le semplici materie prime, come tessuto e legno, sono servite per realizzare gli arredi. Grazie a campioni di tessuto di alta qualità ma di fine serie sono stati creati tendaggi, federe e copriletti e utilizzando listelli di legno di castagno della Val Pellice sono state composte riproduzioni di pallet e cassette della frutta, entrambi progettati seguendo le suggestioni del tema “il mercato”.

Gli arredi industriali sono stati personalizzati apponendovi le maniglie in fettuccia industriale recuperata. Alcuni elementi sono invece stati realizzati dall’artigiano/artista Andrea Bouquet, che ha personalizzato mobili di produzione industriale applicandovi ante in castagno.

 

I temi progettuali

Sono state individuate quattro tematiche, suddivise sui 27 appartamenti

- IL CANTIERE

Punto di partenza per una riqualificazione integrata di città e persone. Quando il progetto è passato dall’idea al disegno, sua prima rappresentazione bidimensionale, abbiamo immaginato il percorso progettuale che parte dalla mano che inizia a tracciar linee nere sul foglio bianco e delinea così un disegno.

Quando quest’ultimo arriva in cantiere, allora tutto prende il colore del rosso mattone, del grigio polvere, del giallo dei casseri da gettata.

 

- IL MERCATO

Il quartiere è simbolo di due tipi di mercato: quello giornaliero di frutta e verdura e quello delle pulci del sabato, il noto Balon. Passeggiando fra le bancarelle di legno del primo, certo ci si ubriaca di colori viola, arancio, giallo ma quello che prevale è il verde: della verdura, della menta venduta per il tè arabo, delle foglie dei limoni.

Quando, alle prime luci dell’alba, invece, ci si addentra nel Balon, il primo impatto è ferro vecchio, ruggine, legni antichi. Da qui la scelta dei grigi, rossi ruggine, legni di recupero.

 

- FRA PASSATO E FUTURO

Si è immaginato un futuro che coglie il passato e lo proietta in un rinnovamento di utilizzi urbanistici coinvolgendo e trasformando l’esistente. In questi alloggi è il rosso che fa da padrone, insieme al bianco e ai grigi. Esso rappresenta l’energia e la voglia di integrare tutte le realtà che convivono nel quartiere per migliorarlo e rivalutarlo. Rappresenta dunque l’impegno profuso per uno scopo comune, per andare oltre, per ri-nascere.

 

- IL CAMBIAMENTO

E’ l’obiettivo che rende espliciti gli intenti progettuali comuni di progettisti, committenza, città. Appartengono a questo tema gli alloggi situati nel sottotetto, quelli che stanno direttamente a contatto con il cielo e quindi con il grigio nebbia che spesso caratterizza Torino, ma anche con l’azzurro intenso delle belle giornate di fine estate. Proprio in questi locali si esplica il senso del progetto che, partito dal piano terra è arrivato fino all’ultimo livello abitabile; il voler comunicare, attraverso la creatività (azzurro) il comportamento armonioso verso l’ambiente e quindi, nell’insieme, la voglia di integrare le diversità di ogni genere: economiche, sociali, di razza, di colore.

 

Conclusioni

Lo stimolo di lavorare su un progetto complesso e diversificato ha permesso al Re(f)use Lab di consolidare metodi e concretezza d’intenti, lavorazioni e capacità di risoluzione di problemi tecnici. Proiettare sempre gli oggetti nel reale è stato, per le persone che hanno partecipato alla loro realizzazione, un grande vanto, una grande soddisfazione.

La possibilità di elaborare e rielaborare con i tempi necessari il significato del gruppo, l’importanza di guardare con occhi nuovi materiali e oggetti per recuperare la qualità del lavoro e della vita sono stati il filo conduttore di un’esperienza al di là della consuetudine, una fondamentale metafora della riabilitazione come cambiamento, come sfida allo stigma dell’abitudine e delle convenzioni.

Ingaggiarsi in un progetto importante insieme a partner d’eccellenza, con la possibilità di offrire ognuno il proprio contributo di competenza, entusiasmo e impegno è stata un’esperienza edificante per tutti: tecnici, apprendisti, sostenitori, artigiani e designer.

Questo è ciò che compone a nostro avviso il valore aggiunto del Progetto Social Housing, questo è ciò che traspare attraverso gli accostamenti, i colori, gli oggetti: la bellezza di un nuova possibilità di guardare al mondo.